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Startup Diary Feral #3 – The Question That Changed Everything

Startup Diario Feral #3 – la domanda che cambia tutto

Di Maddalena Zanoni

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Capelli arruffati, occhiali rotondi, sguardo da “io e i miei batteri abbiamo un piano”.

Ci eravamo lasciati come alla fine di un episodio di Stranger Things.

Recap: è quasi Natale 2021. Corso di fermentazione a Bologna, con il mitico Flavio Sacco. In prima fila, c’è lui. Un ragazzo dall’aria concentrata sembra sapere tutto dei micro-organismi che abitano lo SCOBY della Kombucha. Io, nel frattempo, sto ancora cercando di capire la differenza tra pH e acidità (faccio fatica anche oggi). Arriva la pausa. Lo pedino. Capelli arruffati, occhiali rotondi, sguardo da “io e i miei batteri abbiamo un piano”. Parla dei lieviti come fossero cugini di primo grado e fa conti mentali in scala logaritmica. Ha studiato microbiologia. Era in Germania, dottorato sui patogeni. Poi ha deciso di passare dalla parte dei batteri buoni.

Gli chiedo: “Di dove sei?” TREN-TI-NO. Assurdo!!! Raga in Trentino siamo 33 lo sanno tutti, trovarne 2 a Bologna in un corso di fermentazione è raro come gli unicorni.

Gli faccio la domanda delle domande: “Hai da fare domani?” (È il mio equivalente della pillola rossa di Matrix – continua a succedere).

Da lì in poi tutto cambia. Sebastiano, il nostro primo eroe.

Ha imbottigliato, ricettato, pulito pavimenti e sopportato 122 problemi al giorno. Non sapeva ancora che quella domanda lo avrebbe portato, qualche mese dopo, dritto dentro il tornado Feral.

Le prime ricette le pensiamo insieme a un altro scienziato, amico e alleato: Floris, fiammingo, occhiali grandi anche lui e fermentazione nel sangue. Insieme definiamo chi saranno i nostri migliori alleati: i batteri lattici.

Eh sì, perché il vero problema delle bevande analcoliche è che… spesso non hanno acidità. Quella vera, elegante, rinfrescante. Quella che ti fa bere un bicchiere dopo l’altro.

E poi, arriva lei: la barbabietola. Terrosa, umile, sottovalutata.

Decidiamo di salvarla dall’oblio. Sarà lei la nostra prima paladina. La nostra missione sarà proprio questa: sfidare convenzioni e preconcetti rivalutando piante marginali, dimenticate, underground. Lo ammetto: a me il sapore “terra e ferro” delle barbabietole non è mai piaciuto. Ma la fermentazione giusta, la macerazione con erbe, fiori e bacche… trasforma tutto.

Abbiamo scritto sulla porta: “Chi ha mai goduto con una rapa?” (Ecco. Noi. E presto Voi 😊) - abbiamo scritto anche altre cose, forse fanno ridere solo noi, ma un giorno ve le spiegheremo meglio.

Nasce così la prima ricetta ufficiale: Feral N1 (che fantasia).
White – hop – Sichuan pepper. (OB-SESSION PER GLI AMICI).
Lo so, è impronunciabile, scusate. La raccontiamo:

  • Barbabietola bianca > sì, esiste. É la più povera di tutte, veniva data ai maiali. Il succo è bello zuccherino, lo fermentiamo e sviluppa un’acidità rotonda e fresca, con note di miele e sambuco.
  • Macerazione con luppoli e pepe di Sichuan → note agrumate di pompelmo rosa, pesca bianca e litchi
  • Un tocco di peperoncino → solletica il palato, allunga la persistenza
  • Residuo zuccherino? Pochissimo. Un bicchiere tira l’altro.

Il nostro sommelier Andrea quando è di buon umore potrebbe descriverla come “un rave party botanico in un giardino zen.”

Un giorno ho preso coraggio e sono andata a bussare alla porta del Joia, il ristorante di Pietro Leemann a Milano — il primo ristorante vegetariano stellato d’Europa. Ovviamente mi aspettavo che mi chiudessero la porta in faccia (anche con gentilezza, eh), e invece… mi apre il sommelier, Antonio. Mi ascolta, annuisce, e poi mi dice una cosa che non dimenticherò mai: “Al Joia siamo pionieri da tempo nell’abbinamento analcolico. Sono curioso di assaggiare.”

Assaggia. Silenzio. Occhi chiusi. Altro sorso. Poi mi guarda e dice:

“Straordinario!”

Voleva fare un ordine subito. Peccato che io non avessi ancora né un’azienda, né un brand, né tantomeno delle bottiglie. Ma quella conversazione resterà sempre una delle più importanti. Esiste un momento nella vita di ogni startup in cui senti, davvero, che il progetto può avere un senso — non solo per te. Che la tua intuizione parla anche ad altri. Che là fuori, nel mondo della ristorazione più curiosa, esplorativa e raffinata, esiste un bisogno reale, ancora senza risposta. A cui tu puoi rispondere. Quel giorno è stato il nostro.

Grazie Joia. Grazie Antonio e Pietro. Per averci dato quel pizzico di coraggio in più, e aver trasformato un hobby in una vera startup. In quel momento mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Pensavo: "Ecco, ce l’abbiamo fatta. Da qui in poi sarà tutto in discesa."

Ovviamente ci aspettava la topografia reale di ogni startup: pendii ripidi, curve cieche, falsi piani e improvvise vertigini.

Comunque, la ricetta N1 che ha fatto innamorare Antonio nel 2022 è quella che oggi produciamo in assoluto di più. Chef, sommelier e amici non riescono più a farne a meno. Continuiamo a produrla e continuiamo a restare senza. Per capirci, parlo di 👉 questa qui

Solo per ricordarti come paghiamo lo stipendio a Seba (e se vuoi contribuire, basta cliccare).

Alla prossima,
Madda

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